Natale in casa Cupiello: la tragicommedia della vita

A più di centoventi anni dalla data della nascita di Eduardo De Filippo, il retaggio culturale ed antropologico del grande drammaturgo napoletano è più vivo che mai.

Natale in casa Cupiello, da questo punto di vista, è una delle opere teatrali paradigmatiche della sua poetica, straordinaria metafora della disgregazione, e successiva ricomposizione, del nucleo familiare, come luogo di prossimità fisica ed ideale in cui, sino a pochi momenti prima dei banchetti delle festività Natalizie, possono volare i piatti.

La commedia viene rappresentata per la prima volta in scena, come atto unico, nel giorno di Natale del 1931, al cinema teatro Kuursal di Napoli, e subì numerose modifiche, tra il 1931 e 1934, sino ad arrivare alla forma definitiva che tutti conosciamo.

Solamente dopo cinque anni, nel corso del Natale del 1936, la Commedia viene rappresentata nei tre atti dell’originaria versione, una notazione molto significativa da fare, al riguardo, è che la commedia è la prima opera di Edoardo pubblicata in dialetto.

Nel 1948, infine, ci furono dei contatti informali con Roberto Rossellini per adattarne una versione cinematografica, che mai fu realizzata, mentre la sera di Natale del 1977 fu trasmessa la versione originaria, a cura degli studi radiotelevisivi della Rai, che divenne un vero e proprio rito fra gli italiani con, tra gli altri interpreti, il figlio di Eduardo Luca, Lina Sastri, Marzio Honorato, e Pupella Maggio nel cuore di Concetta.

Molteplici sono i riferimenti simbolici ed i rimandi ermeneutici alla tradizione partenopea, sotto l’egida del nume tutelare Pirandello, a cui lo stesso Eduardo, programmaticamente, s’ispirava, anche nei successivi adattamenti radiofonici e televisivi.

Sotto tale profilo, noi head concierge del Grand Hotel Parker’s siamo particolarmente legati anche alla recente trasposizione televisiva dal giovane talento del cinema Edoardo De Angelis, andata in onda su Rai Uno due anni fa, che ha l’indubbio merito di averne veicolato la conoscenza ai giovani, magari under 18, che difficilmente avranno visto l’opera, mantenendone inalterato lo spirito originario.

Comicità, malinconia velata da grottesco, teatro dell’assurdo, pochade, surrealismo, commedia, cifre stilistiche composite: il racconto dei fatti di una misera famiglia dei quartieri napoletani, riunita attorno al focolare domestico, è stato introiettato dagli spettatori, nel corso degli anni, sino al punto da tracimare in un vero e proprio mosaico della varia umanità che ci circonda, andata ben oltre i confini dell’interpretazione autoriale.

Al centro del racconto, potremmo dire ethos e pathos, la storia di un uomo che, durante la vigilia di Natale, si rifugia in uno stato di isolamento primigenio e di regressione fanciullesca – simboleggiato dal presepe – per sfuggire allo sfacelo di un mondo in rovina, sullo sfondo una crisi valoriale, che ha come portato ulteriore un’incomunicabilità generazionale.

La rappresentazione della progressiva dissoluzione del nucleo familiare viene giocata nel contrasto con l’atmosfera natalizia, gli stati d’animo individuali ravvivati da uno spirito apparentemente ludico e gioioso, ceselli e rifiniture introspettive dei personaggi che li rendono indimenticabili, parte essenziale del dramma, informato da corpi narrativi omogenei.

Le aspirazioni ed aspettative dei genitori verso i figli, la discrasia fra come si dovrebbe essere ed invece si appare, le sacche di risentimento ed acredine che conculcano i rapporti umani, con tutte le persone “immerse in rituali di interesse ed utilitarismo”.

Molti gli elementi diegetici, dunque, che hanno indotto critici e pubblico a parlare di vero e proprio “spostamento semantico” della tradizione, sotteso da un dialogo continuo e vibrante fra tradizione e riforma, radici e trasformazione, origine ed innovazione.

Una drammaturgia “visiva” che si dispiega plasticamente nelle continue inquadrature riservate al presepe, divenuto icona tradizionale dei festeggiamenti natalizi partenopei, di cui custodiamo uno splendido esemplare nella nostra hall d’ingresso.