Il retaggio familiare costituisce un imprimatur genetico, ma in alcuni casi può essere anche foriero di drammatici abbandoni, lasciti, disillusioni e perdite.
Chissà quante volte Ruggero Leoncavallo, compositore e librettista dalla futura notorietà internazionale, avrà gettato strali a suo padre, il quale, magistrato del Regno, costrinse la famiglia a trasferirsi da Napoli, più precisamente dal quartiere avito Chiaia, per assumere incarichi amministrativi in altre località.
La Giustizia regia aveva regole stringenti, e gli spostamenti frenetici, originariamente limitati al perimetro regionale, si estesero sino alla confinante Calabria, più precisamente a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza, dove il padre fu pretore, luogo che segnerà profondamente la sua formazione culturale e sociale: lì il giovane trascorse gli anni della spensierata ed alacre adolescenza, sino ad iniziarsi allo studio dell’antropologia, della teoria e pratica musicale – imparò a suonare la spinetta e il clavicembalo – assistendo tuttavia ad un evento, un fatto delittuoso di origine passionale, che colpì il suo tutore – del quale il padre si occupò come magistrato – la cui narrazione, debitamente elaborata, costituì il sostrato narrativo della sua opera lirica più famosa, consegnata ai posteri come capolavoro senza tempo.
Pagliacci, questo il titolo, è considerata una delle opere più rappresentate al mondo, di rigorosa bellezza formale, leggibile sotto molteplici livelli e appartenente alla corrente del verismo, rappresentata per la prima volta al teatro Dal Verme di Milano il 21 Maggio 1892 sotto la direzione di Arturo Toscanini: per Leoncavallo, dopo il rientro a Napoli, alfine di continuare gli studi di pianoforte al Conservatorio di S. Pietro a Majella, e la laurea a Bologna con Giosuè Carducci, fu motivo di indubitabile orgoglio vederlo finalmente rappresentato al Teatro San Carlo, il più antico d’Europa, a sigillo definitivo della sua affermazione e notorietà internazionale.
Poi l’approdo in Svizzera, a Brissago, a Villa Myriam, in una sorta di buen retiro, che in pochi anni, nonostante i rigori del clima non sempre favorevole, divenne punto di ritrovo di artisti, polemisti, intellettuali e musicisti dalle estrazioni più svariate, sino ad arrivare ad ospitare personalità di assoluto spicco come Alexandre Dumas e l’editore Giulio Ricordi: minato nel corpo per problemi di salute, e prostrato da importanti ristrettezze economiche, il soggiorno di Ruggero Leoncavallo presso l’Hotel Parker’s, nei primi giorni del mese di Giugno dell’anno di grazia 1916, fu una vera e propria panacea, rappresentando una sorta di rinnovata epifania per il fascino dei suoi luoghi originari, oltre che un parziale miglioramento delle sue condizioni di salute.
Le comodità del soggiorno di Leoncavallo presso il prestigioso albergo, fondato da George Parker, con i suoi servizi, consentiva a Leoncavallo di immergersi pienamente nella temperie artistica dell’epoca, le lunghe passeggiate lungo il panoramico Corso Vittorio Emanuele, dopo il risveglio mattutino, sino ad arrivare alle arterie commerciali di Chiaia, sortivano l’effetto di lenire e smussare la sua malinconia, per il lungo esilio a cui era stato costretto: altra meta preferita di Leoncavallo era Via Chiaia, con il Teatro Politeama, ove qualche anno prima era stato rappresentato, con grande favore di pubblico, lo spettacolo di operetta Il teatro delle rose, uno dei suoi ultimi successi, con lo straordinario calore che solo la platea napoletana poteva riservargli.
Pagliacci fu un’opera vigorosa, per il profondo senso drammatico che la permeava, e per la travolgente vena melodica, che ha contribuito ad un profondo rinnovamento, in un’accezione verista, dell’opera lirica, insieme all’apporto di altri autori del calibro di Puccini e Mascagni: Leoncavallo, appassionato di etnografia (musicale e non), era aduso trattenersi, tornando al suo soggiorno, nella hall dell’albergo, con le vetrate rischiarate dai riverberi di un caldo sole di inizio estate, a leggere i libri della sterminata biblioteca privata della struttura, fondata da George Parker, che si faceva consegnare, soprattutto in tema di biologia marina.
I soggiorni nella spa benessere dell’albergo, che Leoncavallo fruiva nel corso dei lunghi pomeriggi trascorsi dopo essere rientrato ad ora di pranzo per mettersi al riparo dalla canicola, costituirono probabilmente il viatico per il luogo prescelto successivamente, nell’imminenza della morte, avvenuta a Montecatini Terme nel corso dell’estate del 1919: chissà se Leoncavallo sarebbe riuscito, negli ultimi anni della sua vita, a realizzare l’influenza del suo apporto artistico nella cultura contemporanea, da Bob Kane, il creatore di Batman, che si ispirò ad una sua aria per la stilizzazione del personaggio del Joker – nella celebre Vesti la giubba il pagliaccio deve truccarsi controvoglia, con il viso deformato in una smorfia di disprezzo, trasfusa nell’iconografia del leggendario villain di Batman – passando per i Queen, con la citazione all’opera contenuta nel loro brano It’s a hard life, sino ad arrivare ai Simpson, che lo hanno omaggiato in una loro puntata, ed al nostrano Commissario Ricciardi dello scrittore Maurizio De Giovanni, in cui si immagine avvenire un delitto durante una rappresentazione dell’Opera al San Carlo.