Uno dei tour più stimolanti in Napoli – sino a qualche anno fa misconosciuto – è quello involgente la scoperta dei murales della città metropolitana, manifestazioni fra le più visibili e creative della street art partenopea.
La street art, in italiano arte urbana, è quella che si manifesta in strada, anche illegalmente, sotto forma di illustrazioni, spesso mutuate dalla cultura popolare, create ed impresse su qualsiasi parete disponibile, utilizzando spray, vernici ed adesivi artistici, sino ad arrivare alle proiezioni video e
performance plastico-figurative.
A ravvivarsi mediante tali opere, introiettandosi nei gusti ed abitudini della popolazione, non sono stati solamente gli edifici del centro storico, ma anche le aree più disagiate e limitrofe, che in questo
modo diventano volano ed attrazioni per i turisti. Da tale prospettiva, la storia di tale forma di creazione artistica si interseca con i due fenomeni – distinti ma paralleli – della riqualificazione urbana ed architettonica, e della c.d. “gentrification”, con tale termine intendendo le
trasformazioni riportate da alcuni quartieri di Napoli, distanti dal centro città, con correlato mutamento della composizione sociologica del ceto dei residenti.
Volendoci addentrare in tale itinerario, potremmo partire idealmente dai Quartieri Spagnoli, con un pizzico di campanilismo, ammirando una vera e propria leggenda calcistica: alla Via Emanuele De Deo troviamo il Murales di Diego Armando Maradona – un’altra celebre raffigurazione di
Jorit più recente la troviamo nel quartiere di Scampia – che lo ritrae in progressione durante una partita. Occupante l’intera facciata di un palazzo, il campione è stato dipinto in occasione del secondo scudetto del Napoli del 1990, l’opera è preceduta da una piccola edicola votiva con numerosi cimeli ed ex-voto del fuoriclasse argentino, soggetto di venerazione dai napoletani.
Sulla medesima strada, troviamo un altro murales famoso, opera dell’artista argentino Francesco Bosoletti, titolato “Iside”: il soggetto raffigurato rappresenta una donna, la Madre Creatrice, coperta da un
sottile strato di tessuto, che a sua volta rimanda ad un scultura famosa custodita nella meravigliosa Cappella di San Severo – concepita a sua volta come omaggio alla madre del Principe – la “Pudicizia Velata” di Antonio Corradini. La particolarità è data dalla circostanza che la tecnica impiegata dell’artista argentino richieda allo spettatore di munirsi di uno speciale filtro sullo smartphone, onde definire “in positivo” il soggetto, cogliendone le sfumature nascoste, alla stregua di una vera e propria iniziazione alla bellezza celata, come nello spirito dell’opera originaria.
Rimanendo nel medesimo quartiere, troviamo altri due murales significativi, di cui il primo dedicato a Lucio Dalla, mentre il secondo, “L’oro di Napoli”, contiene tre personaggi di culto molto amati dalla
popolazione, riuniti idealmente nella raffigurazione, ovverosia Antonio De Curtis “Totò”, Pino Daniele e Massimo Troisi.
Nei dintorni di un’arteria storica di Napoli, molto frequentata in tale periodo poiché sede delle botteghe di artigiani presepisti, San Gregorio Armeno, troviamo, anzitutto, quello del grande Bansky,
uno degli artisti più importanti del mondo in tema di street art, la “Madonna con la pistola”, ora protetta con una teca in vetro, per evitarne deperimento. Ancora, dai toni fortemente dissacratori e quasi iconoclasti, alla Piazza Cardinale Sisto Sforza troviamo San Gennaro e Caravaggio – sacro e profano – intenti a leggere due quotidiani, trattasi dell’opera “Mission Possible” frutto del lavoro della street artist napoletana “Roxy in the box”.
Ancora, nel quartiere di Forcella, troviamo un’opera dell’artista Jorit Agoch, il cui lavoro è informato ad una sorta di visionario iper-realismo: trattasi di S. Gennaro, patrono della città, raffigurato con il volto di un suo amico omonimo, il volto segnato da una cicatrice e l’espressione profondamente attonita.
Non può sottacersi l’importanza di questa vera e propria “human tribe”, mutuando le parole di alcuni critici, raffigurata da Jorit.
Una vera e propria umanità variegata, tribolata e tuttavia vitale, che va da Che Guevara – presente sulla facciata di un palazzo a San Giovanni a Teduccio – sino ad arrivare a Ponticelli, nel famoso parco dei Murales dove, vicino alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo, l’artista ha raffigurato un viso intenso di bambina, a ricordare l’incendio del campo Rom di Ponticelli di qualche anno fa.
Concludendo, giungiamo nel quartiere residenziale di Materdei, proprio a ridosso della zona collinare del Vomero, dove, nelle mura che ospitavano un ospedale psichiatrico giudiziario, alla Via Matteo Renato Imbriani, troviamo uno splendido murales, frutto del lavoro dell’artista “Blu” – ritenuto dal “The Guardian” uno dei dieci migliori artisti di strada del mondo – raffigurante un mostro antropomorfo che grida poiché tenuto segregato, chiaro richiamo agli orrori antecedenti l’entrata in vigore della Legge Basaglia.