Ci sono dei riti che col passare del tempo rinnovano il proprio piacere, incrementandolo, uno di questi è andare a far visita all’Azienda Cortese a Barbaresco dove ad accoglierti c’è quasi sempre Pier Carlo o sua sorella Tiziana nella cantinetta di degustazione adiacente la cantina dove invecchiano i suoi grandi rossi.
In quel luogo magico si chiacchiera, e si tasta qualcosa accompagnati dai sempre squisiti grissini rubatà e toma, leccornie tipiche di quella zona. I genitori Giuseppe e Rosella hanno fondato l’azienda nel 1971, ma loro si vedono poco, schivi come buona parte dei langaroli di un tempo che prediligono il lavoro nei vigneti e in cantina che alle chiacchiere.
I Cortese sono una famiglia langarola, fiera, tosta e determinata. Sui vini le idee son sempre state molto chiare, la loro cifra stilistica era ed è quella di artigiani del vino, il che vuol dire fare il vino non omologato, senza seguire le mode, ma cercando di far esprimere al meglio le uve che nascono su terreni meravigliosi, colline che godono di un microclima unico, il massimo insomma per produrre ottimo vino. La cantina è poggiata proprio su uno dei cru più importanti della denominazione, il Rabajà, con la presenza di vigne che spesso hanno oltre i sessant’anni di età, coltivate nel pieno rispetto ambientale per salvaguardare un ecosistema unico e delicato.
L’azienda possiede poco meno di 10 ettari, e ogni singola etichetta ha dentro di sé complessità, finezza ed eleganza. Prova provata è il loro Langhe bianco “Scapulin”, il vino forse più innovativo di Pier Carlo, 100% chardonnay che viene realizzato con l’apporto di tre diverse componenti, l’acciaio per dare freschezza, l’anfora per apportargli mineralità e il legno per dargli sostanza. Un vino sorprendente, dal bel color giallo paglierino, i profumi son quelli tipici del vigneto, ma con un bouquet dove si sentono i sentori vanigliati, così come la frutta tropicale, in bocca bella morbidezza, sapidità e persistenza.