Pasqua a Napoli: alla scoperta di riti, usanze e tradizioni, dallo “struscio” di Chiaia alle gite fuoriporta

La Pasqua a Napoli è caratterizzata da una ieratica ritualità e festoso spirito di accoglienza e condivisione, rimasto intatto nei secoli e tramandato di generazioni in generazioni.

Ovviamente, il clima di tale festività, la cui data iniziale è contrassegnata dal solstizio di primavera – simbolico risveglio dopo il torpore ed i costringimenti della stagione invernale – rappresenta anche un’occasione per calarsi in tutte le ricorrenze di carattere sacro, tra riti religiosi, processioni ed ottimo cibo.

La Pasqua cristiana è regolata in modo tale da cadere, precisamente, dopo il primo plenilunio di primavera, in tale modo rendendola una festa “mobile”, ovverosia che non cade ogni anno nello stesso giorno.

Partendo dalle cadenze delle festività religiose, la Domenica delle Palme – detta anche “domenica di passione” è un’occasione per visitare una delle antiche ed affascinanti chiese – di cui è disseminata la nostra città, magari nel Duomo – i fedeli ripercorreranno la passione di Cristo, ricevendo dei rametti di palme benedette, in ricordo del ritorno di Cristo in Gerusalemme.

Il giovedì Santo, invece, c’è il rito dei sepolcri, anche qui si visiteranno i luoghi di culto, rivivendo l’ultima cena di Gesù, ci permettiamo di segnalare quella del Gesù Nuovo, una meta imperdibile per tutti i devoti. La visita va fatta, secondo tradizione, in sette chiese diverse, recitando ogni volta le preghiere della Gloria, Ave Maria, e Padre Nostro.

Il giorno successivo, il Venerdì Santo, è dedicato alla tradizione della Via Crucis, la rappresentazione delle ultime ore di vita di Cristo, sono molti i quartieri ed i borghi di Napoli che la rappresentano fisicamente, con empatiche e spettacolari messe in scena. 

Il sabato santo c’è la benedizione dell’acqua e del fuoco, in cui ogni fedele prende acqua in una bottiglietta e un po’ di cenere in un fazzoletto ricamato, culminando con la celebrazione della messa della Domenica, la Santa Pasqua, al termine della quale, rinfrancati dalla rinascita e con il cuore colmo di speranza, si rientra a casa.

Nel tempo libero di diporto, il sabato è la giornata dedicata allo “struscio”, locuzione onomatopeica che indica il passaggio contiguo della popolazione lungo le arterie principali dello shopping – obbligatorio “incignare” ovverosia inaugurare un vestito nuovo e magari eccentrico nella foggia e colori – preferibilmente nel raffinato quartiere Chiaia, nel quale è ubicato la nostra struttura.

Per ciò che concerne, segnatamente, i profili gastronomici, la tradizione culinaria impone le sue usanze inveterate sin dal Giovedi Santo, in cui si degusta la zuppa di cozze, ovviamente in carte nei ristoranti del nostro albergo, sin dai tempi di Ferdinando I. Agli albori, erano gli abitanti del borgo di S. Lucia a preparare tale delizioso piatto, ma oggi ogni famiglia napoletana attaccata a tale usanza suole prepararla, anche in una declinazione “domestica”.

Fantastica la preparazione della pastiera napoletana, capolavoro tutto partenopeo con ricotta, germe di grano e bucce d’arancio, impossibile perdere quella della storica pasticceria Scaturchio, nell’evocativa Piazza S. Domenico Maggiore, una delle più antiche della città.

Già dal Sabato Santo, vi è chi comincia a rompere la Quaresima tagliando e mangiando una bella fetta di tortano o casatiello, le due preparazioni classiche della Pasqua partenopea. Simili nella ricetta e nella classica forma “a ciambella” (che secondo alcuni rimanderebbe alla corona di spine del Salvatore), la differenza precipua risiede nelle uova, perché mentre il secondo le ha disposte intere sulla crosta racchiuse da strisce di pasta a croce – con una simmetria che rappresenta nuovamente un simbolismo religioso – il secondo invece le possiede nell’impasto.

Le origini di tale preparazione – che la connotano come ricetta “di recupero di ingredienti diffusi” – affondano nella tradizione popolare, trovandone già traccia in una novella di Giambattista Basile, tra il XVI E XVII secolo, con un termine dialettale, dal quale mutua il nome, riferibile al cacio, ovverosia il formaggio protagonista della ricetta. Trattasi di un impasto lievitato che è anche contenitore di una moltitudine di formaggi e salumi tagliati a dadini, conditi con un quantitativo variabile di sugna – “a nzogn” in dialetto – e arricchito dai ciccioli di maiale.

Imperdibile, nel pranzo della Domenica Pasquale, la fellata, salumi tipici regionali, insieme alla minestra maritata – con carne e verdure – e poi l’agnello, cotto al forno con le patate, retaggio degli antichi riti sacrificali pagani. Le vacanze si concludono poi con il lunedì dell’AngeloPasquetta”, giornata in cui i napoletani si concedono una scampagnata fuori porta. Mete tipiche sono il parco del Virgiliano, a strapiombo sulla baia di Posillipo – rimanendo confinati nella cinta metropolitana – la costiera Sorrentina ed Amalfitana, Pompei e le isole, la Reggia di Caserta, tempo permettendo, luoghi ameni in cui godere dei primi tepori della rinnovata stagione, circondati da splendidi panorami conosciuti in tutto il mondo.