Come sovente accade, la storia nasce per una convergenza di circostanze e di necessità: qui al Meridione abbiamo l’economia influenzata dal fattore meteorologico, e poi l’endemico affollamento delle case, con nuclei familiari numerosi, in cui anche la ritualità quotidiana diventava un problema cui ovviare.
Nei quartieri popolari è possibile trovare un “basso” – ovvero una casa di modeste dimensioni ubicata al piano terra – in cui abitavano anche una decina di persone, rendendo quindi necessario mangiare fuori casa, semplicemente perché dentro non c’era posto, contribuendo nel contempo alla diversificazione dell’offerta, a causa delle numerose influenze della nostra cucina.
La prima sosta potrebbe essere nei quartieri Spagnoli, un cuore pulsante di Napoli, laddove uno dei cibi di strada più diffusi è “o per e muss”, il piede di maiale e muso di vitello, tagliato in pezzetti e condita con olio e limone, un quinto quarto che non mancherà di deliziare anche i turisti più esigenti.
Alla Via Speranzella troviamo “Da Fernanda”, tempio incontrastato dell’omonima fondatrice, insieme al resto della sua famiglia, impossibile non lasciarsi irretire dal profumo che inonda il vico: da cento anni si fa portatrice del retaggio della pizza fritta, in maniera autoctona avocando a sé l’intero ciclo produttivo, dall’impasto, rigorosamente a mano, alla scelta della farcitura sino alla tipologia di olio impiegato nella frittura.
Poi, la Pignasecca, una teoria di bancarelle e di variegata umanità, Via Toledo sullo sfondo a costituirne l’ideale raccordo e confluenza: dalla trattoria “Le Zandraglie” il piatto imperdibile è la trippa, parola che deriva da ceppi linguistici diversi e che indica il ventre di grossi animali. Considerata un alimento tradizionale di molte regioni d’Italia, a Napoli viene declinata in una eccellente versione da “street food” e venduta in preparazioni diverse, crudo, cotto, sottovuoto, preparata con un delizioso sugo di pomodorini del Piennolo, cui si aggiungono spezie, sedano e patate.
Superato Fiorenzano, nel medesimo quartiere imperdibili sono i fritti de “La Passione di Sofì”, friggitoria che mutua il nome dalla matrona popolana che riuscì a rubare il cuore di Ferdinando di Borbone, il “re lazzarone”, grazie alle sue arti seduttive culinarie, da assaggiare le patate, le mozzarelline, i fiori di zucca ed i crocchè di patate, sino allo “scagliozzo”, piccoli triangoli di polenta fritti, conditi con pepe e parmigiano.
Impossibile non menzionare la pizza nelle sue diverse declinazioni, dunque, che in alcune zone della città – come ad esempio in Via dei Tribunali – dalle iconiche Sorbillo o Di Matteo, è possibile mangiare in piedi, al forno o fritta, avvolta in un cartone di carta oleata per preservarne la fragranza, magari ripiena con salame e ricotta o i ciccioli di maiale.
Non dimentichiamo la pizza a portafoglio, venduta in numerosi angoli di Napoli, che non è una semplice pizza chiusa e ripiegata sui due lati, bensì un impasto del giorno precedente e rinfrescato, quindi con una maggiore acidità ed idratazione, leggenda vuole che sia nata, agli albori, nell’antica pizzeria Port’Alba, fondata nel 1738 ed ancora oggi attiva.
Deliziosi anche i taralli, prodotto da forno tipico dell’Italia Meridionale, un anello di pasta non lievitata cotto in forno, spesso aromatizzati, con un impasto a base di farina, acqua, vino bianco, olio e sale, la sosta che privilegiamo è quella dalla “Taralleria napoletana” alla Via San Biagio dei Librai, nei pressi dei decumani, laddove è possibile trovarne una nutrita selezione.
Ancora, proseguendo in questo tour, sovvengono due prodotti della tradizione, polpette e ragù, chi li ama non può perdersi una sosta da Tandem a Via Mezzocannone, in piena zona universitaria, dove tale prodotto viene servito da asporto in dei panini caldi, una vera succulenza cui è impossibile rinunciare.
Ancora, per i carnivori incalliti, impossibile non soffermarsi dalla Macelleria Tortora nel quartiere collinare del Vomero, al Viale Michelangelo, laddove è possibile prescegliere una bella varietà di panini – in un locale che funziona anche da macelleria gourmet con vendita di svariati tagli – pensati per coniugare liberamente la tradizione culinaria ad un pizzico di sperimentazione gastronomica.
Concludendo, per i più golosi, necessario concludere con il dolce napoletano per eccellenza, forse quello che più si presta allo street food, la sfogliatella, nelle due varianti, frolla e riccia: fra le pasticcerie d’eccellenza che la propongono, Scaturchio nella splendida Piazza S. Domenico Maggiore, Pintauro alla Via Toledo ed Attanasio nei pressi della stazione centrale.