La genovese è una ricetta che ben esprime il nostro retaggio tradizionale gastronomico, costituito da stratificazioni culturali e gustative, sin dall’elemento del nome, ma anche dalle modalità di consumo.
Le origini sono antiche, ma sostanzialmente si tratta di ragout bianco, mediamente dalla cottura prolungata, ottenuto dall’impiego di carne, carote, sedano ed altri ingredienti, sulla cui genesi si è interrogato perfino il Cavalcanti.
Anche se il nome fa pensare ad un piatto ligure, in realtà trattasi di ricetta prettamente locale – a Genova è pressoché sconosciuta – di norma consumato alla stregua di lauto pranzo domenicale, perché con il sugo si condisce la pasta, mentre la carne è servita come secondo.
Molte sono le congetture e le ipotesi sulla genesi del nome, secondo alcuni, forse i più numerosi, prenderebbe il nome dai cuochi genovesi che, in epoca aragonese, gestivano le locande nella zona del Porto ove proponevano la pasta con questa riduzione di cipolle e carne, molto apprezzata da manovali, turisti, e popolazione autoctona.
Secondo altre ricostruzioni, invece, sarebbe legato alla presenza in città di mercenari svizzeri, in particolare del cantone di Ginevra, la cui cucina faceva largo uso di cipolle, e che avrebbero introdotto tale pratica gastronomica nel capoluogo partenopeo, quindi palese la provenienza del termine dalla storpiatura di “ginevrini”.
Curioso notare come fuori i confini regionali tale piatto sia pressochè sconosciuto, con l’eccezione del Molise, e come l’uso delle cipolle sia chiaramente un portato dell’influenza della cucina francese, essendo stato menzionato spesso, in alcune ricette parigine, l’uso di “intingoli alla genovese”.
In merito alla ricetta tradizionale, occorre tenere a mente alcune cose, principalmente che è necessario utilizzare una carne adatta alle lunghe cotture, le cipolle devono rigorosamente quelle ramate, e normalmente la pasta impiegata sono gli ziti spezzati, anche se in alternativa potrebbe usata qualsiasi tipologia di pasta corta.
Al ristorante Muse del Grand Hotel Parker’s lo chef Vincenzo Fioravante offre la sua versione di questo “must-taste” regionale, interprete dell’ortodossia del retaggio gastronomico, introducendo la giusta dose di personalizzazione.
Dall’antico libro delle ricette di Mamma Matilde, infatti, il nostro Chef propone quotidianamente squisiti piatti tipici della tradizione partenopea, per deliziare ospiti e turisti, con le sue prelibatezze.
Il sugo alla genovese – tecnicamente un soffritto – viene ottenuto con l’impiego del manzo e vitello con un gran numero di cipolle ramate di Montoro, per un tempo variabile, generalmente non meno delle cinque ore, normalmente accompagnate da carote tritate e sedano.
La pasta impiegata, come dicevamo, deve preferibilmente essere grande e cilindrica, come rigatoni, ziti e candele, affinchè il condimento del sugo cremoso e dolce, pervadendo lo spazio vuoto, insaporisca meglio il formato, rigorosamente di Gragnano trafilata a bronzo.
In merito ai tagli di carne utilizzati, infine, si predilige il primo taglio di spezzato di manzo adulto, quello “di annecchia”, preferibilmente ricavato dalla pancia o corazza, oppure il girello o lacerto, infine la punta di scamone, tutti tagli tenerissimi, adatti alle demolizioni del tessuto da cottura prolungata.
La genovese verrà servita solo quando sarà perfettamente scura e lucida, con riflessi bronzei, ed avrà assunto la consistenza di una marmellata, con l’olio extravergine di oliva tenuto rigorosamente separato dalle cipolle, dopo avere effettuato la mantecatura con la pasta.
Gli ziti verranno infine spolverati con un misto di parmigiano e pecorino, ed infine adornati con basilico fresco, mentre la carne residua, porzionata a dovere, rappresenterà un sostanzioso secondo, a suggellare il carattere autonomo della ricetta.